
Una buona fotografia nasce da un'intuizione, certo, ma prende forma concreta grazie alla capacità di leggere la luce, la scena, il soggetto. Non esiste un parametro assoluto, o una ricetta sempre valida: esiste, semmai, un equilibrio da creare ogni volta, tra tecnica e visione. In questo articolo non troverete tabelle, o settaggi universali, ma il tentativo di condividere un approccio, il mio, quello che ho sviluppato negli anni come fotografo sul campo.
Scatti perfetti: l’occhio del fotografo d’architettura
Fotografare architettura e interni significa tradurre lo spazio in immagine. È un esercizio di equilibrio, di ascolto e di misura. Negli anni ho imparato che ogni stanza, ogni facciata, ogni luce filtrata racconta qualcosa di diverso. Non basta avere l’attrezzatura giusta, serve la sensibilità per leggere la luce, per capire come e da dove osservare, per decidere quanto mostrare e quanto lasciare intuire.
Ogni spazio ha un suo carattere. Il compito del fotografo è scoprirlo
Uno spazio non si fotografa: si interpreta. È questa la chiave che mi guida. Prima ancora di aprire il cavalletto, cammino, osservo e mi pongo continuamente domande, e così ancora per tutto il tempo del servizio fotografico. Questo, per me, significa fotografare; ridurre tutto a questi due gesti, fisici e mentali, camminare e porsi domande. Nulla di più.
Le impostazioni non sono mai il punto di partenza, ma la conseguenza: rispondono a ciò che l’ambiente richiede.

Luce naturale: la vera “progettista”
Quando fotografo un interno, il primo elemento da considerare è la direzione e la qualità della luce naturale. A volte una stanza va ripresa alle nove del mattino, altre volte alle cinque del pomeriggio. Non sono io a deciderlo, è il sole.
I tempi di scatto non sono né veloci, né lenti, sono quelli giusti.
Gli ISO sono contenuti per non compromettere la resa, io utilizzo sempre 100.
I diaframmi sono chiusi tra f/8 ed f/11 per una profondità di campo omogenea, in grado di raccontare lo spazio in maniera bilanciata. E quando la luce è scarsa? Preferisco allungare l’esposizione piuttosto che alzare troppo la sensibilità.
Nella fotografia di interni il bilanciamento del bianco è fondamentale, sia per la fase di scatto, sia per la successiva fase di post produzione. Non per sterilizzare l’ambiente, ma per rispettarlo. Una parete crema non deve diventare grigia, un legno caldo non deve virare al giallo.
Scatto sempre in RAW per avere margine di interpretazione, ma in fase di ripresa cerco già un equilibrio cromatico fedele alla realtà, senza eccessi.
Geometrie e simmetrie: il rigore compositivo
Un’inquadratura ortogonale, dritta, centrale, non è mai neutra. Esprime ordine, simmetria, solidità. È la mia prospettiva preferita, ma non necessariamente è sempre la scelta più descrittiva. Spesso preferisco spostarmi di pochi gradi per trovare tensione, profondità, un equilibrio asimmetrico che racconti meglio lo spazio.
L’altezza della fotocamera – in genere tra 120 e 140 cm – è frutto di continui aggiustamenti, mai casuale.
Utilizzo spesso obiettivi grandangolari, tra il 17 e il 24 millimetri. Il grandangolo è uno strumento potente, ma se spinto troppo rischia di distorcere, più che valorizzare. Serve, anche in questo caso, misura.
La lente corretta, ben livellata, restituisce verità, la distorsione, invece, può servire per una interpretazione, in qualche modo, emozionale. A volte è proprio un 35 millimetri a dare il respiro giusto senza eccessi, oppure il 50 millimetri, lente che adoro.

Materiali e texture: lo scatto che fa sentire una superficie
Un marmo lucido, un parquet opaco, una parete in stucco… Ogni superficie richiederebbe una lettura diversa. La luce radente può esaltare la trama, ma può anche mettere in evidenza imperfezioni.
Modulo l’esposizione con attenzione, sempre lavorando in manuale, per non perdere né le alte luci, né le basse luci.
Uso il contrasto come linguaggio, non come effetto, e sempre con moderazione, perché temo di esagerare. Mi piace la fotografia non troppo contrastata, per una sorta di maggiore pulizia visiva.

Interni arredati: tra estetica e racconto
Ogni elemento in una stanza contribuisce al racconto. Un tavolo, o una sedia spostata di pochi centimetri, oppure una tenda troppo vicina al bordo del frame rischia di rompere l’equilibrio. Mi prendo tempo per costruire l’immagine come fosse un set: con rispetto, senza invadere. Cerco l’equilibrio tra ordine e verità.

la tecnica è una forma di attenzione
In fotografia di architettura e interni, l’impostazione giusta non è una formula, ma un gesto di cura. È la somma di tante piccole decisioni che costruiscono un’immagine capace di parlare lo stesso linguaggio dello spazio che ritrae.
La mia esperienza mi ha insegnato a fidarmi dell’intuizione, rispettando le regole del gioco. Ogni scatto è una questione di ascolto. Camminare e farsi domande, fermarsi e farsi ancora domande, e continuare così, ogni volta che prendo in mano la macchina fotografica.
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Vincenzo Ruocco
Appassionato di architettura, in particolare Art Déco e Classica, mi sono laureato in Storia Contemporanea presentando una tesi sullo sviluppo di Manhattan.
Mi sono formato attraverso un Master in fotografia di architettura e interni e continuato a studiare seguendo corsi professionali.
Mi sono formato attraverso un Master in fotografia di architettura e interni e continuato a studiare seguendo corsi professionali.
